lunedì 28 luglio 2014

Il Potere Nascosto dello Sport in Età Giovanile.

Un ringraziamento speciale a Francesca Borroni per la sua disponibilità nella rilettura.

Lo sport porta dei benefici nella crescita fisica ed intellettuale dei ragazzi, i quali indirettamente, hanno effetti positivi sullo sviluppo di un Paese. La maggior parte delle persone, oramai, è ben consapevole degli esiti positivi dell’attività fisica e dello sport sulla salute dell’uomo. Al contrario, meno persone conoscono l’impatto di quest’attività durante le fasi di crescita dei bambini e dei ragazzi, sotto l’aspetto del successo nei risultati scolastici.
Lo scopo di questo articolo è quello di capire se praticare sport in età giovanile potrebbe avere conseguenze negative sul rendimento scolastico.
Trudeau e Shephard (2008) hanno pubblicato una meta-analisi dopo aver revisionato sistematicamente tutta la letteratura scientifica sull’argomento (1966 al 2007), allo scopo di valutare gli effetti dell’attività fisica sui risultati accademici nei giovani delle scuole elementari e superiori. I risultati ottenuti dagli autori hanno mostrato che, aumentando il tempo dedicato allo sport da una volta alla settimana fino ad un allenamento quotidiano, il rendimento scolastico dei ragazzi migliora o, comunque, non subisce alcuna conseguenza negativa.
Sfortunatamente, nella maggior parte dei casi, ancora oggi i genitori sono mal informati o, addirittura, ignorano completamente le ragioni per cui è importante iscrivere il proprio figlio ad un’associazione sportiva. Tanto è vero che lo sport praticato in età giovanile è stato soggetto di dibattito in quanto, ad esso, è stata attribuita la colpa di essere un fattore controproducente per i risultati scolastici. Questo pregiudizio potrebbe nascere dal fatto che, in molti, credono che il tempo impiegato dai giovani per allenarsi vada a sostituire quello dedicato allo studio.

Gary Becker, economista statunitense e premio Nobel per l’Economia nel 1992, ha introdotto il quadro teorico del modello dell’allocazione del tempo e della produttività nello studio (Becker, 1965). L’idea fondamentale del modello consiste nel fatto che il tempo della giornata di un ragazzo si divide in tempo dedicato allo studio e quello dedicato al tempo libero. Becker sostiene che il tempo libero debba essere ulteriormente diviso e, a seconda delle scelte di un ragazzo, esso può essere impiegato in buone o cattive abitudini. Lo sport, visti i sui affetti sul fisico e la mente, è un esempio di tempo libero impiegato in modo positivo. In questo contesto, fare sport non toglierà tempo dedicato allo studio ma ridurrà la possibilità che i ragazzi lo occupino in modo meno produttivo o sbagliato (es.: guardando la TV, stando troppe ore al PC, giocando ai videogiochi o in feste dove fumano e bevono). A confermare questa teoria sono due studi: nel primo si è constatato che atleti di ambo i sessi dedicano maggior tempo allo studio che guardando la televisione rispetto ai non atleti (Anderson 1998), mentre il secondo ha riscontrato che più tempo i bambini passano davanti alla televisione e maggiore sarà il declino dei loro risultati scolastici (Sharif, Sargant 2006).

Lo sport non è il solo esempio di attività produttiva svolta durante il tempo libero ed a cui attribuire un effetto positivo indiretto sul rendimento degli studenti (lo sono anche suonare uno strumento, leggere un libro o recitare). Praticare attività motorie ha altre conseguenze importanti sul corpo umano. Infatti, in letteratura medica, esistono molte evidenze empiriche che confermano l’associazione fra l’attività fisica praticata regolarmente e i parametri fisiologici che rispecchiano un buono stato di salute nei giovani (Strong et al. 2005). I principali benefici comprendono: la costruzione e il mantenimento di ossa, articolazioni e muscoli; una miglior abilità nel movimento (Gao 2012); oltre alla prevenzione delle patologie metaboliche associate ad uno stile di vita sedentario come, ad esempio, l’obesità e il diabete di tipo 2, i quali possono comparire anche in giovane età (Datar, Sturm 2006).

Lo stesso Becker aveva già visto, nello sport giovanile e nell’istruzione, un vero e proprio patrimonio d’investimento, introducendo in letteratura un nuovo concetto: il capitale umano, il quale si è visto possedere la capacità di influenzare indirettamente in modo positivo e sostanziale lo sviluppo economico di un territorio.
Col termine capitale umano, Becker intende l’insieme delle conoscenze e delle competenze acquisite da un individuo attraverso l’istruzione, la formazione e l’esperienza lavorativa. Tali conoscenze e capacità non sono solamente legate alla realizzazione economica e sociale dell’individuo, ma hanno anche un impatto sulla società di cui egli fa parte. Questo capitale è alla base del sistema delle relazioni interpersonali che generano lo sviluppo della comunità, del territorio e di conseguenza dell’Economia di un Paese (Becker 1965). Al contrario, fenomeni come l’emigrazione data dalla non valorizzazione dei talenti o l’insufficienza di denaro da assegnare all’istruzione pubblica, costituiscono esempi di impoverimento del capitale umano con conseguenze negative sullo sviluppo economico del territorio.

Gli studi di Gary Becker non sono la sola spiegazione di come lo sport aumenti l’efficacia nello studio. Anche studi scientifici in Pedagogia, Fisiologia, Psicologia e Sociologia hanno fatto chiarezza sulla relazione tra sport ed istruzione.
Esistono evidenze in campo neurologico che spiegano la Fisiologia di come l’attività fisica migliori il meccanismo dell’apprendimento durante la fase di crescita dell’uomo. Altri studi hanno associato quest’attività al mantenimento della funzione cognitiva durante l’invecchiamento (Kramer et al. 2006) e alla prevenzione dell’Alzheimer (Rovio et al. 2005). La funzione cognitiva, nell’uomo, viene identificata anche come la capacità intellettiva, la quale comprende: l’attenzione, la memoria, la produzione e la comprensione del linguaggio, l’apprendimento, il ragionamento, il problem solving e il processo decisionale (Wikipedia). Nei mammiferi, come nell’essere umano, l’abilità d’apprendimento e la memoria sono dovute al fenomeno fisiologico chiamato potenziamento a lungo termine (Long Term Potentiation, LTP) che avviene nel cervello a livello ippocampale. L’attività fisica praticata regolarmente viene associata ad un aumento della neurogenesi (costruzione e mantenimento di nuove cellule nervose) (Cooke, Bliss 2006). Di conseguenza, un’elevata trasmissione neuronale nell’ippocampo, porta miglioramenti nella funzione cognitiva (Anderson et al. 2000). In ultimo, i fattori neuro-protettivi, come insulin-Like Growth Factor-1 (IGF-1) o il brain derived neurotrophic factor, mantengono efficace la funzione dei neuroni e, nell’insieme, questo meccanismo velocizza l’apprendimento (Trudeau, Shephard 2008).
A confermare tale fenomeno è lo studio condotto da Sibley e Etnier (2003), che ha trovato l’esistenza del legame fra l’attivitá fisica e una migliore funzione cognitiva nei ragazzi. Altresí, lo studio condotto da Felfe e coll. (2011), mirava ad analizzare l’effetto della partecipazione ad un’associazione sportiva extrascolastica, sullo sviluppo delle capacità psicologiche dei bambini in Germania. Dai risultati emergono esiti positivi sia per le capacità cognitive, misurate attraverso il rendimento scolastico, sia per quelle non cognitive. Dove queste ultime vengono determinate essenzialmente da una riduzione dei problemi emotivi e d’inferiorità dei bambini.

Praticare sport durante le fasi di crescita, oltre ad avere effetti sulla funzione cognitiva, produce conseguenze positive anche sulla funzione non cognitiva (Kirkcaldy 2002; Nelson 2006), ovvero: la formazione del carattere, come la motivazione, la disciplina, la tenacia, lo spirito competitivo, la responsabilità, la perseveranza, l’autocontrollo e il credere in se stessi. Queste influenze positive sul carattere dei giovani, sono importati soprattutto perché riducono significativamente gli atteggiamenti di disturbo da parte dei bambini durante le ore di lezione (Evans 1985; Allison 1985). Invece, durate gli anni dell’adolescenza, riducono la possibilità che i ragazzi abbandonino la scuola. Queste considerazioni sono basate su delle recenti scoperte scientifiche, le quali dimostrano che le abilità cognitive vengono acquisite, per la maggior parte, durante la prima infanzia, mentre quelle non cognitive durante l’adolescenza e fino a 20 anni di età (Heckman et al. 2006; Pfeiffer, Reuß 2007). Heckman e coll. (2006) hanno dimostrato l’importanza di tali capacità, grazie alla scoperta di evidenze scientifiche che confermano il fatto che nei ragazzi diminuisce la possibilità di lasciare la scuola ed aumenta la probabilità di finire il college grazie al miglioramento delle capacità non cognitive. Altre ricerche, poi, evidenziano la relazione ormai ben consolidata tra la partecipazione ad attività sportive nella scuola superiore e i traguardi Universitari, nonché i successi lavorativi nei giovani (Barron et al 2000; Eide, Ronan 2001; Pfeiffer, Cornelissen 2010; Stevenson 2010).
James Heckman, economista e statista statunitense e vincitore del premio Nobel per l’economia nel 2000, come Gary Becker, evidenzia l’importanza di investire sul capitale umano fin dalla tenera età, allo scopo di produrre effetti di lungo periodo. Secondo James, tale capitale comprende sia le abilitá cognitive sia quelle non cognitive, ritenendole la chiave di volta per la riuscita e il successo nei diversi ambiti dell’agire umano.

In conclusione, questo mio primo articolo in questo mio nuovo blog rappresenta un punto di partenza interessante per comprendere come, il rendimento scolastico in età giovanile non subisca un decremento statisticamente significativo quando allo studio viene associata un’attività sportiva. Anzi, come avete potuto leggere dalle diverse evidenze scientifiche che ho appena presentato, lo sport sembra avere un ruolo molto importante nello sviluppo dei giovani e determinate per la loro formazione caratteriale. Come se non bastasse, attraverso lo sport i ragazzi possono partecipare alle emozioni altrui, condividere esperienze, confrontarsi con i loro coetanei, muoversi e percepire il loro corpo nello spazio, conoscere se stessi, insomma cominciare ad affrontare la vita fuori dall’ambito famigliare. Soprattutto considerando il fatto che le nuove generazioni, stanno crescendo in un periodo dove il rischio dell’abuso delle nuove tecnologie, computer, videogiochi, smartphone e televisione, potrebbe portare disturbi psicologici. Come emerge da una ricerca svolta in America, su una campione di 3.000 ragazzi, monitorati per due anni, i ricercatori hanno trovato che essi giocavano in media 20 ore a settimana ai videogiochi. Soprattutto, i soggetti presentavano chiari sintomi di depressione e crisi d’ansia, nonché problemi di socializzazione con gli altri bambini (Gentile 2011). Credo che sia nostro dovere far conoscere loro l’importanza dello sport e aiutarli a farglielo praticare nel modo migliore, insieme all’istruzione, insomma, investire nel capitale umano. E proprio in merito, vi lascio con una frase di Gary Becker: il successo e la crescita saranno in quei Paesi che sapranno investire nei propri cittadini.



Alessandro Stefanescu
                                                                                                                                                   






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